La nostra trasferta ungherese, in compagnia dei nostri ausiliari all’insegna dell’Amicizia e dell’Arte Venatoria.
“Stanchi, sporchi ma felici rientriamo con Ale e Magda verso il Pick up per una breve sosta, prima di riprendere la cacciata.”
Un Regalo inaspettato… Una nuova avventura è alle porte!
Manca poco al Natale, quando un paio di giorni
prima squilla il telefono:
<< “Ciao Dani, com’è?” >>
<< “Ciao Ale, tutto bene che racconti?” >>
<< “Il 27 dicembre partirò per l’Ungheria, vuoi
unirti a me per il viaggio ed una cacciata alla stanziale?” >>
<< “Sogno o son desto!? Certamente, quando si parte!”
>>
Così in quattro e quattr’otto a pochi giorni dalla partenza,
pianificammo quella che sarebbe stata una meravigliosa avventura venatoria e la
conferma di aver conosciuto una persona squisita, sincera e di cuore.
D’altronde cos’è la felicità? Se non la gioia e la semplicità
che risiede nei piccoli gesti e nelle piccole cose.
Dopo l’abbuffata natalizia trascorsa in armonia con la famiglia, il 26 dicembre per l’ora di pranzo preparammo i bagagli ed insieme alla Magda partimmo per Deiva Marina (SP), ridente località turistica con acqua cristallina e spiaggia sabbiosa nella riviera ligure di Levante, insomma la porta delle Cinque Terre, nella quale Alessandro alias “The Hunting Dream”, è originario e felicemente residente.
Il viaggio scorrerà velocemente tra le note delle canzoni
italiane e l’aria di festa che pervade i nostri cuori; fortunatamente è il
giorno di “Santo Stefano” e per l’ora di pranzo sono tutti seduti con le
zampe sotto al tavolino per il nobile banchetto; quindi, la strada è tutta per
noi e senza spingere troppo sull’acceleratore, riuscimmo ad arrivare giusto a
tempo per un aperitivo con il buon Alessandro.
È dal “2° Romantic Hunters Anniversary” che non ci si
vede, di cose da raccontare ne abbiam tante; così, non perdiamo l’occasione di confrontarci
sull’andamento della stagione venatoria e su molte altre sfaccettature della
vita quotidiana; si sta facendo l’ora di cena ed Ale non si perde in
chiacchiere e ci ospita a casa dalla sua bellissima famiglia, dove consumammo
l’ennesimo lauto pasto e dove avemmo modo di conoscere delle persone fantastiche,
le quali ringrazio per la loro generosa ospitalità. È arrivata l’ora di andare
a dormire visto il lungo viaggio che ci aspetterà l’indomani per l’Ungheria,
così dopo una tombolata con i nipotini di Ale, lentamente cala la notte e ritirati
nella nostra stanza, cullati dal tepore della stufa a legna ci addormentiamo in
un sonno profondo e beato.
La Partenza per l’Ungheria.
Sono le prime ore di luce del 27 dicembre, e come in ogni
sana famiglia italiana, ci riunimmo al tavolo per consumare la colazione, la
quale ci fornirà le energie necessarie per affrontare la mattinata.
Siamo pronti, così caricammo sul Pick up di Ale i nostri
ausiliari, i bagagli e tutta l’attrezzatura necessaria per la caccia nell’est
Europa. Il viaggio nonostante i diversi km che dovremo affrontare sembrerà
volare, ed in un baleno giungemmo a destinazione nella casa di caccia; una
villa rustica nella campagna ungherese, la quale avrà tutti i comfort necessari
ai quali siamo oramai abituati. Il giardino è molto spazioso e offre ai nostri
cani la possibilità di fare lunghe corse per sgranchirsi le zampe, la casa su
due livelli è composta da otto camere per ospitare in tutta comodità diversi
cacciatori, una cucina spaziosa ed un salone con camera da pranzo favolosa, con
numerosi trofei di ungulati appesi sulle pareti, ed un camino ad angolo per
scaldare i cuori, quando a sera ci si riunisce per gioire delle spettacolari
azioni di caccia o ridere delle clamorose padelle.
Da lì a poco ci raggiungeranno il guardiacaccia Zsolt, un
omone che a prima vista sembrerà inquietante ma che di lì a poco si scioglierà
e diverrà più tenero di un bambino e la nostra interprete Krisztina, una donna
poliglotta e molto solare che ci aiuterà nella comunicazione con Zsolt per
organizzare l’indomani ed il giorno a seguire la nostra cacciata. Così,
pianificato il tutto preparammo un piatto di pasta all’Amatriciana e tutti a
nanna, pronti per la prima ed attesissima giornata di caccia.
La prima giornata di
caccia. Un territorio sano e popolato di selvaggina.
“Meditare al tramonto, mentre si guardano le stelle e si accarezza il proprio cane, è un rimedio infallibile.” R.W.Emerson
Svegliati di buon’ora, dopo aver sorseggiato “na tazzulella
e cafè”, ci recammo con Ale nella cantina esterna per prendere gli stampi di
oche e anatre, e caricato il Pick up con tutto il necessario ci avviammo per
provare ad insidiare qualche anatide, non avremo fortuna visto le temperature
oltre la media stagionale con una minima pari ad 1°C e la massima di 13°C, ma
soprattutto con il grande lago prosciugato dai pescatori locali per consumare
il pesce; il che rese tutto più complicato visto il grande “serbatoio” vuoto che
avrebbe dovuto ospitare per la notte gli uccelli acquatici.
Ma non fu un problema, dopo un breve spuntino con Zsolt a
base di salame ungherese e pancetta, cambiammo scenario e ci preparammo ad
affrontare la cacciata alla stanziale con i nostri ausiliari.
A disposizione avevamo, due cani da cerca: Jago e Sheridan, incalzanti
Springer Spaniel ed un cane da ferma: il giovane Mark, Setter Inglese tricolore;
che scalpitavano dalla voglia di scendere dal trasportino per inebriarsi della
moltitudine di odori presenti nella vasta campagna ungherese.
Il terreno era per lo più pianeggiante con piccole macchie
che tagliavano in lungo e largo la campagna, ricca di selvaggina stanziale,
costituita da fagiani, lepri e numerosi ungulati come: cervi, daini, caprioli e
cinghiali. Così decidemmo di iniziare la cacciata con gli Spaniel, Ale da un
lato della macchia ed io dall’altro con i due Springer che lavoravano come
demoni all’interno della stessa. Inutile dirvi che lo Springer il più antico
cane da schioppo, veemente, avido, coraggioso, rende la sua massima espressione
nello scovare ed incalzare repentinamente la selvaggina forzandola al frullo,
al fine di permettere al conduttore di concludere l’azione di caccia, fu la
scelta più saggia; poiché i nostri ausiliari riuscirono a far involare i
diversi fagiani selvatici che tentavano di pedinare e nascondersi nei posti più
angusti della macchia. Una nota di merito va data alla gestione del territorio
ungherese, che proibisce di prelevare le femmine di fagiano, le quali in gran
numero vedevamo involarsi a tiro di schioppo, ammirandole frullare verso la
libertà. La mattinata scorrerà velocemente tra le padelle e la cacciatora che
pian piano andava riempiendosi, così soddisfatti da quel ben di Dio che madre
natura ci aveva offerto rientrammo verso il Pick up per andare a riempire lo
stomaco, che cominciava a recriminare qualche sano carboidrato.
Un bel piatto di pasta fumante e via di corsa ad ammirare un
posto dove poter fare un rientro serale alle anatre, ma come al mattino si
contarono sulle dita di una mano i germani che vedemmo volare nel cielo infuocato
della sera.
Così dopo quel tramonto meraviglioso, calò il sipario della
sera ed il rosso fuoco del cielo lasciò posto ad un’aria umida e pungente.
Rientrati alla casa di caccia, facemmo il pieno di carboidrati
e proteine grazie alla deliziosa cucina della Magda, che ci deliziò con un
risotto ai funghi porcini ed un’ottima frittata di patate.
Con la pancia piena non potevamo certo recarci a letto senza aver deliziato i nostri palati con un goccio di limoncino “Fafiga” prodotto da Ale, ed una buona fumata con tabacco Kentucky e Virginia. La serata volgerà al termine con Il fumo lento che inebrierà il salone di aromi decisi e pregnanti classici del Toscano ma al tempo stesso delicati ed aromatici, grazie ai profumi di fieno e miele regalati dal Virginia, caricato in una pipa in radica maremmana, lasciatomi in ricordo dal nonno.
Il secondo e scoppiettante
ultimo giorno di caccia del 2023.
“Ale ed il mio amato Sheridan che posano per uno scatto, dopo l’abbattimento di una lepre ungherese.”
L’alba di venerdì 29 dicembre cominciò con una ricca colazione ed una generosa tazza di caffè italiano che ci aiutò a riprenderci dai vizi della sera prima, terminati i classici preparativi salimmo a bordo dei Pick up, con Zsolt che faceva strada con il suo datato ma inarrestabile L200 per le strade infangate della campagna ungherese. Che bello quando i trasferimenti sono costituiti completamente da sterrati, boschi, allagate, giunchi e canneti dimenticando per una volta lo squallido asfalto al quale aimè siamo abituati per raggiungere i posti di caccia nel nostro “Bel Paese”. Spesso si pensa che ci si reca all’estero esclusivamente per il carniere, ma il più delle volte è per toccare con mano una realtà oramai lontana dalla nostra, o per tornare indietro ai tempi che furono dell’Italia di un tempo, che a causa dell’eccessiva antropizzazione anno dopo anno sta definitivamente scomparendo. Le prime luci dell’alba cominciarono flebili ad affiorare, ammirando sporadici voli di Germano Reale che cercavano riparo tra i canneti palustri e le allagate circostanti. Nell’attesa di iniziare il nuovo giorno, Zsolt tirò fuori dalla cacciatora un panetto di pancetta, che affettava fettina dopo fettina con il suo serramanico, ingerendo il “combustibile” che di lì a poco sarebbe servito per accompagnarci nella palude ungherese.Stagliato il sole sopra la linea
dell’orizzonte, sfoderammo gli schioppi e facemmo scendere nuovamente i due
Springer dal trasportino, risparmiando il cane da ferma per il pomeriggio,
impiegandolo in un’ambiente più consono alle sue caratteristiche. Il terreno che
andammo ad affrontare lungo l’argine del lago era costituito per lo più da una
vegetazione palustre, composta da cannucce di tutte le dimensioni, giunchi e
altre piante erbacee, mentre nella parte più interna diveniva boschivo, con
fossi ed allagate, un habitat ideale per il fagiano e le anatre.
Caricati i fucili demmo il via a
Jago e Sheridan che schizzarono tra la fascia del canneto fino a rientrare
verso la macchia boschiva, neanche il tempo di metterci in posizione che
Sheridan sterzò bruscamente, caricando energicamente dentro uno sporco… ECCOLO!
Partii un fagiano dentro lo
sporco, lasciai andare una stoccata ma nulla, lo vidi riuscire più avanti al di
fuori della macchia, sparai anche la seconda e terza botta, ma padellai
clamorosamente; non finì lì, perché con il fucile scarico venni beffato dal
secondo fagiano che s’involo davanti ai miei occhi, ma ingenuamente prese la
direzione di Alessandro, dal lato opposto del canneto, il quale gli basto
alzare il fucile per incarnierarlo con grande maestria, concludendo l’azione
con un riporto impeccabile di Jago. Soddisfattissimi del lavoro dei cani, un
po' meno del mio riprendemmo la cacciata come avevamo iniziato, faticosamente avanzammo
arrancando tra la melma palustre, i canneti ed i tronchi caduti a terra in fase
di decomposizione, un habitat incontaminato ma difficile, per ben due volte
altri due fagiani maschi riuscirono a mettersi al riparo dal piombo dopo esser
stati frullati dai cani in quell’ambiente ostico ma bello; si, bello perché
vero!
Non mollammo e proseguimmo
diritti lungo un fosso dal quale s’involarono un branco di anitre, la più
ingenua rimase addietro e non fece a tempo a mettersi al riparo dal piombo che esplosi
della mia bior Levante, piombo 7 da 38 grammi della Bornaghi, travolgendola e
facendola precipitare in acqua.
<< Porta Sheridan!
>>
Il giovane Springer non esitò e
si lanciò con impeto nel canale dove con passione abboccò senza indugi riportando
il selvatico privo di vita.
La mattinata proseguì con altri
due capi abbattuti, un fagiano ed una lepre ungherese, grazie ad un esemplare
lavoro dei cani. Stanchi ma soddisfatti decidemmo di recarci a pranzo e
recuperare le energie per l’ultima cacciata pomeridiana, lasciando spazio a Mark
il Setter Inglese tricolore.
La moka fischiò, il caffè stava
per uscire, giusto il tempo di sentire l’aroma e l’effetto placebo della
caffeina che prendemmo cani e schioppi e ci dirigemmo per l’ultima cacciata dell’anno
in una macchia a pochi km dalla casa di caccia.
Finalmente era giunto il turno di
Mark, che con stile ed eleganza iniziò con grandi falcate a macinare il terreno
boschivo; la caccia con il cane da ferma è sicuramente differente da quella
praticata in precedenza con il cane da cerca, più equilibrata e meno incalzante,
dal momento che bisogna servire il cane esclusivamente sotto ferma,
concentrandoci più sulla qualità di quest’ultima che sulla fucilata.
Procedemmo con il fucile in
spalla, osservando dove possibile il cane che si intravedeva nella macchia, con
il palmare che ci guidava verso la sua direzione, riuscendo sempre ad
intravedere il manto tricolore di Mark che sfrecciava tra gli arbusti e gli
alberi che ci circondavano. Ad un tratto notammo sul palmare che Mark era in
ferma, fortunatamente non sarà a più di cinquanta metri, ci affrettammo a
raggiungerlo per servirlo, quando il fagiano tentò di andare via di pedina, ma
Mark non indugiò e fece una guidata magistrale, fermandolo poco più avanti, noi
eravamo lì con Ale che mi lasciò la precedenza sul tiro, il fagiano frullò ed
emise le classiche note grattate, vidi la sua stupenda livrea con una coda
lunga che fluttuava nell’aria, lasciai partire la dispersante piombo 7 caricata
da Angelo il papà di Alessandro, che fermò senza indugi il fasianide in aria,
facendolo precipitare con un tonfo sordo sul terreno umido. Mark partì come una
saetta lanciandosi al riporto, abboccando con veemenza e riportando superbamente.
Che dire un’azione perfetta, il che ci rese felici, stabilendo che potesse
bastare e rientrare soddisfatti verso casa.
Rientrati con le ultime luci del giorno, ci godemmo un tramonto rosso sulla campagna ungherese sorseggiando una fresca birra chiara, felici più che mai di quest’avventura venatoria, ma soprattutto di un’amicizia vera, sana e genuina che al tempo d’oggi difficilmente si riesce a trovare.
“Al calar della sera, Sheridan riporto un fagiano maschio caduto nel lago prosciugato dai pescatori locali.”
Buon 2024 Amici Cacciatori, Weidmannsheil!
Daniele Cella
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