mercoledì 3 gennaio 2024

Serbia_Belo Blato, Dicembre 2022. Alla Ricerca Dei Paperi Perduti!

Mercoledì 28 dicembre 2022 insieme a Magdalena, partimmo da Roma direzione Belgrado, prendendo il volo delle 20:55, il quale ci condurrà in terra serba in meno di due ore.

Sbarcati e superati i controlli di sicurezza, più fiscali del solito, essendo la Serbia al di fuori dell’Unione Europea, ci incontrammo con “Sochi” (spero si scriva così), il nostro autista, il quale ci guiderà sino a Belo Blato, un paesino rurale ad un’ora e un quarto da Belgrado. Arrivammo alla casa di caccia per l’una di notte, dove ad attenderci ci saranno Flavio il nostro organizzatore con i suoi due fidi “cagnacci” Argo e Rodi di razza Setter Inglese di colore bianco/nero, e l’amico Filippo anche egli nostro connazionale di origine ligure. Dopo il caloroso benvenuto, Flavio ci illustrerà il nostro appartamento piccolo e spartano ma ben riscaldato da una romantica stufa a legna, la quale ci coccolerà per quella manciata di ore di sonno. Ma prima di coricarci finalmente nel letto, facemmo un brindisi con un bicchiere di vino rosso macedone, e ritirati i nostri schioppi semiautomatici Baikal che ci accompagneranno in quest’avventura, ci ritirammo in camera.

Alle 3,15 del mattino trillò la sveglia, il che significa che riuscimmo a riposare solamente un’oretta e mezza scarsa, ma l’adrenalina del nostro primo giorno di caccia era tanta ed in un baleno ci preparammo e raggiungemmo in cucina Flavio e Filippo per una fumante tazza di caffè. Sorseggiato il caffè incandescente, ci armammo di tutto l’occorrente per la cacciata tanto attesa, stampi di anatre, moji ad ali rotanti, fucili, cartucce e zaini e ci incamminammo verso la macchina per raggiungere le nostre due guide serbe “Giura” e “Miroslav”. Giura lo raccattammo per strada dopo esser sceso dal suo osceno ma all’avanguardia motorino elettrico, mentre Miroslav ci attenderà con trattore e rimorchio per trasportarci nel lago dei fischioni o Chernobyl come lo aveva soprannominato Giura.

Caricato tutta l’attrezzatura sul rimorchio, salimmo anche noi a bordo, e come un manipolo di soldati venimmo trasportati dal trattore per ben 8 km nella campagna della Vojvodina. Il fondo era completamente infangato, pertanto con la macchina sarebbe stato impensabile raggiungere gli appostamenti adiacenti al lago. Benché non facesse freddissimo e la temperatura era di un grado sopra lo zero, l’arietta frizzantina del mattino si faceva sentire sui nostri pochi lembi di pelle scoperta, percuotendoci con un brivido di freddo.

Raggiunto il lago, preparammo la tesa con gli stampi ed il mojo per le anitre: fischioni e alzavole da un lato e germani reali dall’altro. Il capanno preparato con cannucce palustri era molto realistico e ben mimetizzato con l’ambiente circostante. Terminata la predisposizione degli stampi, ci dividemmo nei due capanni, io e Magda nell’uno e Flavio e Filippo nell’altro.

Trascorsero pochi minuti che un’esemplare giovane di fischione si gettò sulla tesa, io non lo vidi subito, ancora frastornato dalle poche ore di sonno e dalla scarsa visibilità delle prime luci dell’alba, ma all’occhio attento della Magda nulla sfuggì e me lo segnalò con un cenno, senza indugi mi alzai in piedi dal capanno, dando per una manciata di secondi la chance al fischione di involarsi, ma non fece a tempo ad alzarsi dallo specchio d’acqua che fu percosso da una rapida e violenta fucilata che gli stroncarono di netto la vita, facendolo precipitare nell’oscurità, tra gli stampi che fluttuavano imperterrita nel lago.

Da lì in avanti inizierà “il deserto dei tartari” anzi dei "paperi", poiché a parte un volo di germani che intravedemmo alti sull’orizzonte ed una coppia di alzavole che attraverserà il lago senza curare non avvistammo più mezza anitra per il resto della mattinata.

Presumibilmente il problema principe fu da attribuire alle temperature sopra la media stagionale, le quali non scendendo mai sotto lo zero, non permisero ai campi ed i canali adiacenti al lago di gelare, favorendo molteplici luoghi di protezione e pastura per le anitre, non stimolandole a cadere nella tesa preparata da noi nel lago maggiore.

Fortunatamente non rimanemmo completamente a bocca asciutta, perché lo spettacolo più bello lo riserveranno le oche granaiole e lombardelle che a stormi passarono a migliaia sopra le nostre teste. Ma solamente una coppia di queste si abbasserà di quota, incuriosite dagli stampi di oche posizionati sul campo arato dietro al capanno. Contammo fino a tre e con Magda scaricammo il nostro piombo verso le oche, fortunatamente una si staccherà ed inizierà a scendere, planando verso il centro del lago a forma rettangolare; la compagna rimasta sola in volo, fece una virata per tornare indietro incanalandosi verso il capanno di Flavio e Filippo che senza esitare non fecero prigionieri e a suon di "schioppettate" la incarnierarono. Nel mentre l’oca precedentemente ferita, si fece largo lungo la sponda opposta del lago, cercando riparo tra il folto canneto, così visto il poco movimento di uccelli, decisi di andarla a ribattere. La circonferenza del lago era abbastanza estesa, ed impiegai una buona ventina di minuti per raggiungere il lato opposto, affannando faticosamente nella melma presente sulle sue sponde. Arrivato in prossimità del punto marcato in lontananza, era tutto molto simile e riuscivo a malapena a districarmi tra il canneto e l’acqua palustre che mi tratteneva con forza le caviglie, fortuna volle che smuovendo e arrancando sentii pedinare l’oca tra la vegetazione, così feci partire una fucilata che fermò definitivamente il selvatico. La mia prima oca, urca quanto era grossa e quanto pesava… Ed ora dove la metto? Fu il mio primo pensiero, dal momento che dentro la cacciatora del mio parka non entrava, così senza alternativa misi lo schioppo in spalla e con l’oca in pugno rientrai sudato ma soddisfatto di non aver mandato perso un così nobile selvatico.

Proprio mentre ero sulla via del ritorno, verso le 11 del mattino cominciarono a muoversi stormi di oche che rientravano dai luoghi di pastura infastidite da un trattore in lontananza, ed una malaugurata lombardella finì per sua sfortuna nella linea di fuoco di Flavio e Filippo che la fecero precipitare al suolo priva della sua linfa vitale. Quella fu l’ultima azione degna di nota, così la mattinata di caccia volgerà al termine e smontata la tesa facemmo rientro con il trattore verso il parcheggio dove lasciammo la macchina.

Un cicchetto di grappa ed un caffè turco sancirono la fine di quella prima giornata di caccia, salutati gli amici Miroslav e Giura rientrammo a Belo Blato per un ottimo brodo di carne ed uno squisito piatto di Gulasch che ci rimisero al mondo e ci rincuorarono da quella mattinata poco fortunata. La giornata volgerà al termine, con le luci del tramonto che si spensero sulla campagna della Vojvodina; rientrati in camera ci lasciammo persuadere dal tepore della stufa e crollammo in letargo.

Il secondo giorno di caccia venne sancito dal suono della sveglia alle 4,15 del mattino per andare a predisporre la tesa alle alzavole e germani lungo un canale a pochi km dalla casa di caccia, bevuta la solita tazza di caffè caldo prendemmo tutto il necessario e ci mettemmo in marcia. La temperatura era notevolmente sopra la media stagionale con circa quattro gradi sopra lo zero. Lasciata la strada asfaltata, ci addentrammo nella campagna di Belo Blato ed arrivati al canale, preparammo la tesa, anitre piccole da un lato e grandi dall’altro, con il mojo ad ali rotanti stagliato sopra un terrapieno con il becco rivolto in direzione del vento. Il capanno già bello e pronto da inizio stagione, ben fatto, piccolo ed accogliente costruito con canne di dimensioni medio piccole, rifinite tutte alla stessa altezza. Il canale dinnanzi a noi, era una vera e propria autostrada per le anitre, non largissimo ma con uno slargo che si apriva in prossimità del capanno, ideale per una buttata di “papere”.

Non ci restò che caricare i nostri fucili russi ed attendere fiduciosi che l’alba rosata ci inviasse i tanto amati “tordi di padule” e “capoverdi” in direzione della nostra postazione. Fortunatamente la mattina sembrò partire sin da subito con il piede giusto, e branchi di alzavole cominciarono ad entrare in direzione del gioco, ma senza curare la stampata, i nostri Baikal fecero fuoco, tagliando l’umidità che si cominciava ad innalzare e stagliare sopra alle sponde del canale, qualche alzavola cominciò a precipitare con tonfi sordi nell’acqua, qualche altra avrà salve le penne e riuscirà a mettersi al riparo nei canneti più avanti. Per un’oretta buona le alzavole danzarono avanti e indietro davanti al nostro capanno, poi di colpo tutto si fermò e non potemmo far altro che ammirare il sole sorgere sopra l’orizzonte. Chiudemmo la mattinata con dodici alzavole ed un germano reale. Anche i fucili di Flavio e Filippo riuscirono a portare i loro frutti, riuscendo a prelevare qualche altra alzavola, chiudendo complessivamente la mattinata di caccia con trentacinque capi. Lo stomaco iniziava a brontolare, e smontato il tutto facemmo rientro in direzione del ristorante di Luisa per un caldo pranzo, ammirando sulla via del ritorno le lepri ed i fagiani che tranquilli pascolavano indisturbati nella campagna di Belo Blato.

Il pranzo di Luisa sarà nuovamente buonissimo, un brodo a base di carne e verdure ed una grigliata mista, che venne spazzolato in un baleno. Rientrati alla casa di caccia preparammo un buon caffè italiano con la moka, e dopo aver scambiato due battute con i nostri due nuovi amici, andammo tutti a ricaricare le batterie per la terza ed ultima mattinata di caccia.

Il terzo giorno di caccia cominciò come di consueto con la sveglia delle 4,15 solita tazza di caffè con pane e marmellata e via di corsa a caricare il fuoristrada di Ernest, un guardiacaccia che ci accompagnerà nei pressi del lago adiacente alla pescheria abbandonata di Lukino Selo, dove un tempo i pescatori locali si guadagnavano da vivere. Oltre alla nostra Jeep c’era anche una Niva Lada 4x4 con a bordo Luca e Giura, gli altri due accompagnatori che trasportavano il resto dell’attrezzatura, dal momento che per raggiungere i capanni sul lago avevamo bisogno di una barca con motore fuoribordo. Giunti in prossimità del lago, caricammo la barca con gli stampi ed i fucili e ci dirigemmo verso il capanno centrale posto in un punto strategico a forma di imbuto dove le anatre avrebbero dovuto incanalarsi, raggiunta la palafitta con la Magda prendemmo posto, dopo aver allestito come ogni mattina la tesa. Mentre Flavio e Filippo prenderanno posto nel capanno laterale al lago.

Una meravigliosa alba rosata sancirà l’inizio dell’ultimo giorno del 2022, con la speranza che chi spara l’ultimo dell’anno spara tutto l’anno!

Mentre il rosso vivo dell’alba si staglia sopra la linea dell’orizzonte, una coppia di canapiglie venne a posarsi ad una quindicina di metri dal nostro appostamento sopra elevato, mimetizzato dalle canne palustri, imbracciai il fucile e sparai alla prima che rimase immobile sullo specchio d’acqua, mentre la seconda spiccò il volo, io continuai l’imbracciata seguendo la sagoma nera che s’intravedeva nell’oscurità del lago e tirai la seconda fucilata, non vidi più nulla ma sentii il tonfo nell’acqua della canapiglia che venne giù anch’ella colpita. Mentre il sole sorgeva imperterrito non vi fu presenza di altre anitre, così decisi di scendere in acqua per andare a recuperare le due canapiglie abbattute, la prima la intravidi e recuperai semplicemente mentre della seconda non vi fu traccia, mi spinsi verso il canneto dove trovai una spiumata e del sangue sulle cannucce ma del selvatico aimè nulla, probabilmente si era inoltrata nel folto delle canne rendendomi impossibile il recupero, sconsolato rientrai in direzione del capanno, quando un fischione passò in traiettoria di Magdalena che con due botte secche lo staccò dal cielo facendolo precipitare nel canneto alle sue spalle, così cercai di farmi largo il più velocemente possibile nell’acqua palustre per tentare il recupero essendo sprovvisti di un buono Spaniel. Giunto in prossimità del canneto cercai disperatamente il selvatico, inoltrandomi all’interno dei giunchi e delle cannucce, ma nulla anche qui riuscii ad individuare l’ennesima spiumata ma del selvatico purtroppo non vi fu traccia. Rientrato nel capanno per un paio d’ore non avvistammo più nulla, se non che, dalle nostre spalle una canapiglia suicida ci sorprese passando come un missile sopra le nostre teste, non pensai e lasciai partire una stoccata, la canapiglia precipitò rovinosamente nella stampata. Quella fu l’ultima fucilata del 2022, così giunta l’ora decidemmo di rientrare, con Luca che venne a prelevarci dal capanno con la sua lancia datata per far rientro verso la casa di caccia.

Arrivati a Belo Blato la temperatura era a dir poco primaverile, considerando che ci eravamo auspicati un ultimo dell’anno con la neve e le anitre a branchi; invece, il termometro segnava quattordici gradi. Senza pensarci troppo spostammo il tavolo di legno nel cortile esterno, dove i raggi solari ci scaldarono sorprendentemente, gustando una squisita pasta condita con del ragù d’anatra preparata dalla nostra Magda e del cotechino con le lenticchie portate appositamente dall’Italia. Con la pancia piena ed il sonno che incombeva, dopo l’abbondante pranzo ci ritirammo in camera e accesa la stufa a legna crollammo in un sonno profondo.

 A Flavio... "Se vedi un'anatra sparagli!"


Daniele


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